Gli Avvocati dello Studio operano a Roma e su tutto il territorio nazionale, a tutela di coloro che vengano accusati di turbativa d’asta (c.d. turbata libertà degli incanti) aiutandoli a difendersi nella maniera più efficace fornendo una serie di servizi legali utili all’assistito per la propria salvaguardia processuale ed extraprocessuale, quali ad esempio:
– consulenza e assistenza tecnica in sede di indagini preliminari;
– investigazioni difensive;
– redazione di ricorsi avverso provvedimenti cautelari personali e reali;
– assistenza per tutta la durata del processo;
– redazione di atti di Appello e di ricorsi per Cassazione.
La c.d. turbativa d’asta è un reato che lede plurimi interessi: da un lato, vi è quello a garantire la libera partecipazione alle gare nei pubblici incanti; dall’altro, vi è quello alla libertà e alla regolarità della concorrenza e del gioco della maggiorazione delle offerte.
Per fare un esempio, si pensi agli amministratori di una società investita da apposita convenzione urbanistica della funzione di stazione appaltante per la costruzione di un edificio scolastico, i quali alterino la gara d’appalto, partecipandovi in proprio, schermati da società riconducibili ai medesimi, invitando soltanto formalmente le società disponibili a partecipare, poi escluse in quanto prive di requisiti tecnici o di un reale interesse a realizzare l’opera. Da ciò si desume che, affinché si configuri il reato, non è necessario che la procedura di gara per la realizzazione di un’opera pubblica sia gestita direttamente da un privato, come recentemente chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Pen., Sez. VI, n. 49266/2017).
L’art. 353 c.p. punisce coloro che, volontariamente, pongano in essere comportamenti finalizzati ad impedire o, comunque, turbare la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di Pubbliche Amministrazioni oppure ad allontanare gli offerenti, ricorrendo a violenza, minaccia, doni e promesse di vario tipo ovvero, ancora, collusioni o altri mezzi fraudolenti.
Nel reato di turbata libertà degli incanti, la condotta di turbamento si verifica, dunque, quando si altera il normale svolgimento della gara attraverso l’impiego dei mezzi tassativamente previsti dalla norma incriminatrice. Tra tali mezzi, la “collusione” va intesa come ogni accordo clandestino diretto ad influire sul normale svolgimento delle offerte, mentre il “mezzo fraudolento” consiste in qualsiasi artificio, inganno o menzogna concretamente idonei a conseguire l’evento del reato (Cass. Pen., Sez. VI, n. 8054/2019).
Di recente, peraltro, la Cassazione ha ritenuto che anche la condotta di induzione all’autoesclusione dalla gara costituisce turbativa d’asta mediante ricorso a mezzi fraudolenti, posto che l’evento naturalistico del reato non è soltanto l’impedimento vero e proprio della gara, ma anche il mero turbamento della medesima consistente nell’alterazione del suo regolare svolgimento (Cass. Pen., Sez. V, 27/05/2022, n. 20930).
Il pubblico incanto, in quanto procedura aperta, è un’asta giudiziaria che si svolge davanti al giudice dell’esecuzione in sale pubbliche: lo svolgimento dell’asta avviene per offerte al rialzo, che devono comunque sempre essere uguali o superiori al prezzo di partenza dell’asta.
Ovviamente anche l’accordo preventivo fra offerenti è considerato frode e può essere perseguito in base all’articolo sulla turbativa d’asta, motivo per cui oggi molte amministrazioni valutano di aprire gli appalti a quanti più imprenditori e operatori nel settore di riferimento possibili: più sono gli offerenti, più è probabile che la turbativa d’asta “vada a vuoto”. In questo modo si evitano speculazioni e danni alla qualità dei servizi, in quanto le collusioni sono più difficili nel momento in cui le imprese partecipanti sono in numero elevato.
Si fa presente, infine, che la turbativa d’asta è un reato di pericolo, motivo per cui essa si configura a prescindere dal danno effettivo alla libera concorrenza, essendo sufficiente il mero danno mediato o potenziale, purché, ovviamente, gli autori dell’illecito abbiano posto in essere atti in concreto idonei a viziare l’andamento della gara (Cass. Pen., Sez. VI, n. 10272/2019). Per intenderci, si ha turbativa d’asta anche nel caso in cui alcune imprese si scambino informazioni prima della gara allo scopo di condizionarne l’esito, pur se queste incidano in maniera molto modesta sulla procedura, in quanto viene comunque alterato il confronto delle offerte ed influenzata la regolarità della competizione.
Il reato oggetto della presente trattazione è punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni e con la multa € 103 a € 1032, per cui è possibile la declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131 bis c.p.
Il secondo comma prevede una pena più grave, ossia la reclusione da 1 a 5 anni, nel caso in cui il privato sia preposto dalla legge o dall’Autorità agli incanti o alle licitazioni. Al contrario, il successivo comma 3 prevede una riduzione della metà laddove si tratti di licitazioni private per conto di privati, dirette da un pubblico ufficiale o da persona legalmente autorizzata.
Il delitto si prescrive nel termine di 6 anni, più 1/4 in caso di eventuali atti interruttivi del procedimento penale, per un totale di 7 anni e 6 mesi.
Venendo agli aspetti puramente procedurali, si tratta di un reato procedibile d’ufficio -non si richiedono condizioni di procedibilità, quali ad esempio la querela- e la competenza spetta al Tribunale in composizione monocratica.
L’arresto è facoltativo in caso di flagranza di reato nei casi previsti dai commi 1 e 2, mentre non è consentito nell’ipotesi di cui al terzo comma. Il fermo di indiziato non è consentito.
Le misure cautelari personali sono consentite nelle sole ipotesi previste dal primo e dal secondo comma, mentre nei casi di cui al comma 3 è consentito soltanto il divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali.
Le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni quali mezzo di ricerca della prova sono consentite solo nei casi previsti da commi 1 e 2.
Tutto ha origine dalle indagini portate avanti dai Finanzieri della Compagnia di Seregno che si sono concentrate su una serie di condotte finalizzate all’illecita aggiudicazione di appalti ad evidenza pubblica e affidamenti diretti che sarebbero state poste in essere nel triennio 2019-2021 da un imprenditore residente a Verano Brianza, amministratore (di diritto o di fatto) di tre società operanti nel settore dei servizi di pulizia e manutenzione delle aree verdi, utilizzate “a giro” per partecipare a gare pubbliche in diversi comuni prevalentemente brianzoli con l’obiettivo di aggirare formalmente il principio di rotazione degli affidamenti, anche grazie ad uno stabile asservimento di pubblici ufficiali infedeli, remunerati con denaro, buoni benzina e altre utilità.
Più in particolare le indagini hanno ricostruito l’assegnazione alle società dell’imprenditore di appalti per un valore complessivo di oltre 2,5 milioni di euro indetti da parte di una azienda a partecipazione pubblica monzese e di quattro Enti pubblici locali.
Sulla base degli elementi raccolti, gli agenti della Guardia di Finanza sono giunti a ritenere che i pubblici ufficiali indagati avrebbero ricevuto in corrispettivo dall’imprenditore somme di denaro anche in più tranche (variabili tra i 1000 euro e i 12000 euro, a volte anche occultate nei cesti natalizi), buoni benzina e/o altre utilità. Alcune procedure di gara sarebbero, altresì, state turbate per avvantaggiare le aziende dell’imprenditore indagato, comunicando in anticipo le condizioni tecniche contenute nel capitolato, i tempi di apertura e di chiusura dei procedimenti di affidamento, i nominativi dei concorrenti da avvicinare al fine di stabilire i ribassi da offrire.
In due occasioni, la condotta d’istigazione alla corruzione dell’imprenditore ha trovato l’opposizione dei pubblici ufficiali, che hanno restituito le somme indebitamente consegnate.
Ad oggi sono dodici le persone sottoposte ad indagine con l’accusa di corruzione, turbata libertà degli incanti e falso. In corso anche il sequestro di tre aziende aggiudicatarie di appalti e affidamenti di servizi, oltre al sequestro preventivo di denaro e beni di un imprenditore per oltre 260.000 euro.
Chiunque, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche Amministrazioni, ovvero ne allontanagli offerenti, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032.
Se il colpevole è persona preposta dalla legge o dall’Autorità agli incanti o alle licitazioni suddette, la reclusione è da uno a cinque anni e la multa da euro 516 a euro 2.065.
Le pene stabilite in questo articolo si applicano anche nel caso di licitazioni private per conto di privati, dirette da un pubblico ufficiale o da persona legalmente autorizzata; ma sono ridotte alla metà.