Gli Avvocati dello Studio si occupano della difesa in giudizio di coloro che vengano accusati o che siano persone offese del reato di stalking, su tutto il territorio nazionale grazie all’esperienza maturata negli anni.
Lo stalking (atti persecutori) è un delitto grave e punito severamente, oltre ad essere attualmente uno dei reati più contestati dalle Procure di tutta Italia.
Tale reato consiste nel realizzare una serie di condotte che, in maniera ripetuta nel tempo, sono volte ad affliggere e perseguitare la vittima.
La conseguenza di ciò è che la persona offesa, a causa dell’ansia e della paura, vede compromesso il normale svolgimento della propria quotidianità.
Le pene previste sono molto severe e vanno da 1 a 6 anni e 6 mesi di reclusione, salvo ovviamente i casi di aggravanti.
Scopo dei professionisti dello Studio è quello di tutelare gli assistiti e di difenderli in giudizio nella maniera più efficace.
Di seguito, sinteticamente, i servizi legali forniti:
– consulenza e assistenza tecnica in sede di indagini preliminari;
– investigazioni difensive;
– redazione di ricorsi avverso provvedimenti cautelari;
– assistenza per tutta la durata del processo;
– redazione di atti di Appello e di ricorsi per Cassazione.
Il reato in questione può essere commesso da chiunque, anche se, spesso, lo stalker è o è stato una persona legata alla vittima da un rapporto sentimentale o professionale.
Chiunque può essere vittima di stalking, anche se, dati alla mano, emerge che l’80% delle vittime è di sesso femminile.
La condotta prevista e punita dall’art. 612 bis c.p. è quella di minacce o molestie, ripetute nel tempo e tali da produrre almeno uno dei seguenti effetti:
Lo stalker ha sempre ben chiaro chi è la vittima e cosa si vuole ottenere da lei (un riavvicinamento sentimentale o anche una semplice amicizia). A tal fine, egli interagisce direttamente con la vittima designata o con persone a lei molto vicine (amici, parenti, colleghi).
È fondamentale ricordare sempre che lo stalker non sa di essere stalker ed è convinto di avere diritto di fare ciò che fa.
Nella sua mente c’è la perversa convinzione che “se io ti dono una parte importante di me e ti mostro attenzioni, allora a me spetta altrettanto”.
Le condotte persecutorie realizzate sono molto varie, complice anche il continuo sviluppo tecnologico che facilita la connessione tra le persone.
Ecco alcuni esempi tipici di comportamenti dello stalker:
Comunicazioni intrusive reiterati e assillanti:
Contatti indesiderati finalizzati a controllare la vittima:
Altri comportamenti:
Le vittime di stalking subiscono una violazione della propria dimensione privata, tale da indurle a sviluppare stati d’ansia o disturbi del sonno.
Il senso di colpa e la vergogna per ciò che sta accadendo, poi, fa sì che le vittime si isolino dagli altri; ciò, ovviamente, compromette anche la possibilità da parte loro di chieder aiuto o soccorso.
Quanto alle conseguenze sul piano psichico, le vittime di stalking riportano ansia, paura, rabbia, sensi di colpa, vergogna, disturbi del sonno, sensazioni di impotenza, disperazione e intenti suicidari.
Quanto, invece alla salute fisica, si riscontrano spesso disturbi dell’appetito, abuso di alcol, insonnia, nausea e aumento nel consumo di sigarette.
Affinché si configuri il reato di stalking, è necessario che le minacce o le molestie producano almeno uno dei tre eventi previsti dalla norma.
Se nessuno dei tre eventi riportati di seguito si verifica, non vi sarà alcuna condanna per stalking!
Attenzione, però, perché in tal caso potrebbero comunque sussistere reati diversi quali la violenza privata (art. 610 c.p.) o la molestia (art. 660 c.p.).
La Cassazione ritiene che non sia necessario uno stato patologico di ansia e paura, eventualmente accertato da certificazioni mediche. È sufficiente che la persona accusata abbia turbato la serenità e l’equilibrio psicologico della vittima.
La prova dello stato di ansia e di paura da parte della vittima, dunque, può essere dedotta da numerosi elementi a disposizione del giudice:
le dichiarazioni della stessa vittima;
i comportamenti conseguenti posti in essere dalla vittima;
la natura dei comportamenti tenuti dall’agente, qualora questi siano idonei a determinare in una persona comune un effetto destabilizzante (Cass. Pen., sent. n. 22843/2019).
Tale evento si verifica quando la vittima versa in un ragionevole stato di timore per la salute propria di altre persone a lei legate.
La ragionevolezza di tale timore va accertata in base all’entità e alle circostanze delle molestie e delle minacce realizzate, che devono essere tali indurre una persona comune a temere davvero per l’incolumità.
Scopo dell’aggettivo “fondato”, dunque, è quello di escludere il timore determinato da una abnorme sensibilità della persona offesa.
Tale evento ricomprende una molteplicità di comportamenti che la vittima può tenere:
Per fare un esempio, si pensi a una donna la quale, a seguito dei comportamenti intimidatori dell’imputato che le aveva incendiato l’auto, si era trasferita per alcuni giorni a vivere a casa di un amico.
Ebbene, la Cassazione ha condannato in tal caso l’imputato, in quanto il cambiamento delle abitudini di vita può anche essere transitorio (Cass. Pen., Sez. V, 10 marzo 2021, n. 17552).
Come recentemente affermato dalla Cassazione, il reato è escluso se il mutamento delle abitudini è solo occasionale (Cass. Pen., Sez. V, 11 ottobre 2022, n. 42856).
Ciò avviene quando la vittima lascia sostanzialmente inalterate le proprie abitudini, mutandole solo occasionalmente. Tale atteggiamento porta a ritenere che non vi sia un effettivo disagio da parte sua.
Un solo episodio non basta!
Nel caso in cui vi sia solo una minaccia oppure una molestia, si configureranno altri reati, ma non lo stalking.
È necessario, invece, che il molestatore realizzi almeno due condotte (Cass. Pen., sent. n. 11450/2019).
Dunque, se una persona subisce una minaccia/molestia oggi e un’altra fra una settimana, si può già parlare di stalking.
Ebbene sì, è ravvisabile lo stalking anche quando le condotte di violenza o minaccia integranti la “reiterazione” criminosa siano intervallate da un prolungato lasso temporale, che si tratti di mesi o anche di anni (Cass. Pen., Sez. V, 22 aprile 2021, n. 30525).
Si può essere condannati per stalking, dunque, anche per due soli episodi di molestia avvenuti a distanza di anni!
A quanto detto, si aggiunga che il temporaneo ed episodico riavvicinamento della vittima al suo persecutore non interrompe l’abitualità del reato e, dunque, non esclude il perfezionarsi del delitto di stalking.
Il semplice fatto che la vittima si sia temporalmente riavvicinata al “carnefice” (ad esempio, uscendoci una volta a cena) non fa venire meno il reato.
Quesito: è stalking anche se le minacce o le molestie non sono direttamente rivolte alla vittima designata, bensì ad altra persona?
Risposta: si può essere condannati anche se le molestie sono rivolte in prima battuta a persona diversa rispetto a quella che si vuole perseguitare, ma a quest’ultima legata da un rapporto qualificato di vicinanza (un amico, un parente o un collega).
Il caso recente ha visto protagonista un uomo, il quale, dopo aver scontato la pena per un precedente stalking ed essere tornato in libertà, aveva molestato e impaurito la medesima donna vittima del precedente reato, in maniera però indiretta:
Ebbene, la Cassazione ha confermato in tal caso la condanna per stalking, ritenendo che l’uomo abbia agito nella ragionevole convinzione che la vittima venisse informata di tutto. Egli, inoltre, era consapevole che quelle condotte, reiterate nel tempo, siano idonee a generare ansia e turbamento nella vittima designata. (Cass. Pen., Sez. V, 9 giugno 2022, n. 26456).
Soprattutto nei contesti condominiali, accade a volte che la persona che assume di essere vittima di atti persecutori abbia ella stessa avuto nei confronti del presunto stalker atteggiamenti minacciosi o molesti, pur di lieve entità. Ebbene, ciò basta di per sé ad escludere lo stalking?
Nei casi di reciprocità delle molestie o delle minacce, il giudice può comunque condannare per stalking uno soltanto dei due!
Ciò accade, però, quando l’evento tipico dello stalking (paura, turbamento o alterazione delle abitudini) si sia verificato solo per l’uno e non per l’altro.
Ragionando in maniera opposta, possiamo dire che lo stalking è escluso solo se viene accertato che le reciproche aggressioni sono maturate in un ambito di litigiosità in cui i soggetti agivano in maniera paritaria, senza che l’uno fosse fisicamente e psichicamente assoggettato all’altro.
La mancanza di assoggettamento dell’uno all’altro, infatti, rende le molestie attuate inidonee a turbare in concreto il destinatario delle medesime.
In un caso recente, la Cassazione ha confermato la condanna per stalking di un uomo che aveva picchiato i membri di una famiglia del suo palazzo. L’imputato, da parte sua, lamentava che anche costoro lo avevano disturbato spesso facendo troppo rumore.
Ciò, ovviamente, non è bastato ad escludere la condanna, per via dell’evidente sproporzione tra le condotte dell’imputato e quelle delle vittime.
Solo queste ultime, infatti, a seguito delle percosse avevano mutato le abitudini di vita (ad esempio, uscivano sempre in due e avevano indotto il minore a farsi accompagnare sempre da qualcuno fino all’uscio di casa). L’imputato, al contrario, aveva continuato a vivere sereno (Cass. Pen., Sez. V, 23 gennaio 2020, n. 2726).
Non rileva ad escludere l’ipotesi di stalking l’assenza di condotte violente, minatorie o ingiuriose da parte dell’imputato.
Così ha deciso la Corte di Cassazione con sentenza n. 32813 del 13 maggio 2022.
Il caso riguardava un uomo accusato di stalking per aver posto in essere condotte molestie, ma mai violente o intimidatorie.
L’imputato aveva inviato alla vittima messaggi contenenti frasi d’amore, e-mail contenenti disegni o frasi di canzoni, nonché chiamate non gradite. In conseguenza di ciò, la vittima aveva maturato il timore anche solo di incontrare l’imputato.
Ebbene, la Cassazione ha confermato la condanna per stalking, ritenendo irrilevante l’assenza di condotte violente o ingiuriose. Ciò che rileva è l’indebita e reiterata intrusione nella sfera privata della persona offesa, pur comportamenti soltanto molesti.
Di seguito, un elenco riassuntivo di comportamenti, anche preventivi, consigliati alle vittime di molestie:
Gli strumenti che l’ordinamento mette a tutela delle vittime di stalking sono due: l’ammonimento del questore e la querela.
Una vittima di stalking, prima di sporgere formale querela, può rivolgersi al Questore per chiedere un ammonimento ufficiale dello stalker. Si tratta di una particolare forma di tutela anticipata che l’ordinamento, a partire dal 2009, riconosce alla vittima.
La vittima, al fine di ottenere l’ammonimento dello stalker, deve rivolgersi al Comando dei Carabinieri o a un Commissariato. Saranno, poi, questi ad inoltrare l’istanza al Questore territorialmente competente.
La Questura, ricevuta l’istanza dalla vittima e valutatane la fondatezza, convoca il molestatore e gli un avviso orale di desistere dalla condotta: il c.d. ammonimento.
Il Questore, inoltre, informa l’ammonito che, se dovesse continuare con le molestie, sarà formalizzata la querela per il reato di stalking nei suoi confronti.
In caso di inosservanza del provvedimento di ammonimento del Questore, si verificano stanzialmente due conseguenze per lo stalker:
Qualora la vittima ritenga opportuno l’avvio diretto di un procedimento penale a carico dello stalker, dovrà sporgere formale querela.
La querela può essere presentata in Procura, nelle stazioni dei Carabinieri, in Questura o presso i comandi della Guardia di Finanza.
Il termine per sporgere querela è di 6 mesi, a partire dal momento in cui è avvenuto l’ultimo dei comportamenti intimidatori o molesti.
Quanto, poi, all’eventuale remissione della querela da parte della persona offesa, questa può avvenire solo in udienza, davanti al giudice (c.d. remissione processuale).
La querela è irrevocabile se il fatto risulta aggravato da una delle circostanze di cui al co. 2 dell’art. 612 bis c.p., ossia se:
Non c’è bisogno della querela della persona offesa e, dunque, le autorità competenti procederanno d’ufficio nei seguenti casi:
La pena prevista per lo stalking va da 1 a 6 anni e 6 mesi di reclusione.
La pena aumenta di 1/3 nei seguenti casi:
Ancora, la pena è aumentata fino alla metà nelle seguenti ipotesi specifiche:
Nelle suddette ipotesi, quindi, la pena massima potrebbe ipoteticamente arrivare a 9 anni e 9 mesi di reclusione.
La pena prevista per lo stalking va da 1 a 6 anni e 6 mesi di reclusione.
La pena aumenta di 1/3 nei seguenti casi:
Ancora, la pena è aumentata fino alla metà nelle seguenti ipotesi specifiche:
Nelle suddette ipotesi, quindi, la pena massima potrebbe ipoteticamente arrivare a 9 anni e 9 mesi di reclusione.
Il reato di stalking è procedibile a querela della persona offesa da presentarsi nel termine di 6 mesi. È ammessa la sola remissione processuale.
Si procede d’ufficio, invece, nelle ipotesi previste dal comma 4 e quando lo stalking sia connesso con altro reato per cui si procede d’ufficio. Si procede d’ufficio, inoltre, anche nel caso in cui vi sia stato precedentemente un ammonimento del Questore non rispettato.
La competenza spetta al Tribunale in composizione monocratica.
L’arresto è obbligatorio in flagranza di reato e il fermo di indiziato è consentito.
Le misure cautelari sono consentite (anche l’allontanamento dalla casa familiare o il divieto di avvicinamento).
Le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni sono consentite.
Il Codice Rosso del 2019, oltre a irrigidire le pene, ha velocizzato la procedura di iscrizione della notizia di reato e di tutela del querelante.
Innanzitutto, in caso di querela è data immediatamente notizia al pubblico Ministero, anche in forma orale.
Il PM, iscritta la notizia di reato, entro 3 giorni deve ascoltare la persona offesa ed acquisire informazioni, chiedendo eventualmente una misura cautelare. Spesso, si chiede l’allontanamento dalla casa familiare o il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
Ancora, qualunque successivo provvedimento di scarcerazione dell’imputato o del condannato dovrà sempre essere notificato al querelante.
Venendo poi alla riforma Cartabia, entrata in vigore il 30 dicembre 2022, ha esteso tutta la disciplina del Codice Rosso anche all’ipotesi di tentativo di stalking.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.
Lo stalking scatta ogni volta che si molesta o minaccia ripetutamente un’altra persona, provocando in quest’ultima almeno una delle tre conseguenze indicate dalla norma (lo stato di ansia, di timore o il cambiamento delle abitudini di vita).
Non si configura lo stalking se la vittima non dimostra almeno uno dei tre effetti che abbiamo descritto sopra (lo stato di ansia, di timore o il cambiamento delle abitudini di vita) e se non c’è prova del comportamento minaccioso e reiterato.
Spesso lo stalker è un ex partner, ma non di rado è un amico, un collega, un conoscente o anche un perfetto sconosciuto che viole attenzioni.
Cinque sono le categorie di stalker: il risentito, il molestatore in cerca di intimità, il rifiutato, il corteggiatore incompetente, il predatore.
La metà delle volte, lo stalking si sostanzia in comportamenti intrusivi che durano solo pochi giorni e non superano le due settimane. Questa forma di molestia è in genere perpetrata da sconosciuti. Al contrario, gli stalker che persistono per più di due settimane, di solito continuano per molti mesi.
Il Pubblico ministero, se lo ritiene opportuno, può chiedere immediatamente al giudice l’adozione di misure preventive e cautelari per impedire allo stalker di avvicinarsi alla vittima o ai luoghi frequentati dalla medesima. Poi, avrà inizio il processo per accertare la responsabilità penale della persona accusata.
Molte sono le prove che la persona perseguitata può raccogliere e produrre per “incastrare” il molestatore: registrazioni fatte col cellulare, screenshot di messaggi e foto, testimonianze, dichiarazioni della stessa vittima, certificati medici.
L’assenza di prove non è fonte di responsabilità penale per chi sporge una querela, a meno che questi non agisca in malafede, consapevole dell’altrui innocenza. Solo in questo caso si commette calunnia e si può essere contro denunciati dall’imputato assolto per insufficienza di prove.