I professionisti dello Studio legale operano a Roma e su tutto il territorio nazionale, a tutela di coloro che vengano accusati di corruzione in atti giudiziari, corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, peculato, concussione, abuso d’ufficio e altri reati contro la Pubblica Amministrazione, aiutandoli a comprenderne al meglio gli elementi essenziali e a difendersi nella maniera più efficace e fornendo assistenza legale in ogni fase e grado del giudizio.
La corruzione in atti giudiziari è quel reato commesso, ad esempio, dal cancelliere il quale, dietro promessa o dazione di denaro da parte di alcuni avvocati, attraverso l’assegnazione irregolare dei processi tramite manipolazione dei criteri automatici di assegnazione, faccia assegnare a giudici compiacenti le pratiche giudiziarie degli avvocati corruttori.
Ancora, per altro caso di corruzione in atti giudiziari, si pensi al medico penitenziario che formuli un parere intenzionalmente difforme dal vero circa lo stato di salute di un detenuto, al fine di consentirgli di accedere alle misure alternative alla detenzione; il tutto, dietro dazione o promessa di denaro o altra utilità da parte del detenuto corruttore.
Sostanzialmente, dunque, il reato di corruzione in atti giudiziari, previsto e punito dall’art. 319-ter c.p., viene realizzato nel momento in cui l’accordo corruttivo con il pubblico ufficiale sia finalizzato a favorire o danneggiare una parte in processo civile -vi rientrano anche le procedure fallimentari-, penale o amministrativo.
Ciò che conta, ad ogni modo, è che l’atto oggetto del mercimonio rientri nella specifica sfera di competenza o di influenza dell’ufficio cui appartiene il pubblico agente corrotto. A tal proposito, si segnala la recente assoluzione di un giudice incardinato nella commissione tributaria regionale il quale aveva ricevuto denaro da un privato, relativamente però ad un procedimento pendente innanzi alla commissione tributaria provinciale, sulla quale pertanto egli non poteva esercitare alcuna ingerenza (Cass. Pen., Sez. VI, n. 17973/2019).
Attenzione poi alla qualifica soggettiva del corrotto, che deve appunto essere quella di pubblico ufficiale. Infatti, non configura gli estremi del reato di corruzione in atti giudiziari la condotta dichi remuneri una persona informata sui fatti affinché essa renda false dichiarazioni alla polizia giudiziaria (Cass. Pen., Sez. VI, n. 39280/2018).
La corruzione in atti giudiziari è punita con una pena particolarmente severa, che consiste nella reclusione da 6 a 12 anni, cui si aggiunge in caso di condanna (anche in caso di patteggiamento) la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, pene accessorie quali l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e l’eventuale procedimento disciplinare che potrebbe essere attivato dall’ufficio pubblico di appartenenza.
Si segnala, inoltre, che in caso di condanna è altresì prevista la pena accessoria pecuniaria consistente nel pagamento, da parte del reo, di una somma di denaro in favore dell’amministrazione a titolo di riparazione del danno. Attenzione però, perché la Cassazione ha recentemente stabilito che tale sanzione non si applica in caso di patteggiamento, bensì solo in caso di sentenza di condanna pronunciata a seguito di rito ordinario o abbreviato (Cass. Pen., Sez. VI, n. 12541/2019).
Attenzione, poi, alle circostanze di aggravamento del reato previste dall’art. 319-ter, co. 2 c.p. che comportano un aumento di pena proporzionato a quelle che sono le conseguenze sul piano processuale derivanti dalla corruzione in atti giudiziari. Nello specifico, è previsto quanto segue:
– se dal fatto di corruzione deriva l’ingiusta condanna di una persona alla reclusione non superiore ai cinque anni, si applica la reclusione da 6 a 14 anni;
– se dal fatto deriva l’ingiusta condanna superiore a cinque anni di reclusione o, addirittura, l’ergastolo, si applica la reclusione da 8 a 20 anni.
Va detto, infine, che, trattandosi di reato a concorso necessario, la medesima pena prevista per il pubblico ufficiale spetta anche al privato che dà o promette denaro o altra utilità.
Il reato di corruzione in atti giudiziari si prescrive nel termine di 12 anni (pena massima) più la metà -secondo quanto disposto dall’art. 161, co. 2 c.p.- in caso di eventuali atti interruttivi del procedimento penale, per un totale di 18 anni.
Venendo agli aspetti puramente procedurali in materia di corruzione, si tratta di un reato procedibile d’ufficio -non si richiedono condizioni di procedibilità, quali ad esempio la querela- e la competenza spetta al Tribunale in composizione collegiale.
L’arresto è facoltativo in caso di flagranza di reato, ma diventa obbligatorio se ricorrono le ipotesi di aggravamento previste dal comma 2.
Il fermo di indiziato è consentito.
Le misure cautelari personali sono consentite, così come consentite sono le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni quali mezzo di ricerca della prova.