I professionisti dello Studio legale si occupano di supportare e di tutelare in sede penale coloro che vengano accusati di concussione, peculato, corruzione, abuso d’ufficio e altri reati contro la Pubblica Amministrazione, aiutandoli a comprenderne al meglio gli elementi essenziali e difendersi nella maniera più efficace e mettendo a disposizione una serie di servizi legali utili all’assistito per la propria salvaguardia personale e patrimoniale, quali ad esempio:
– consulenza e assistenza tecnica in sede di indagini preliminari;
– investigazioni difensive;
– redazione di ricorsi avverso provvedimenti cautelari personali e reali;
– assistenza per tutta la durata del processo;
– redazione di atti di Appello e di ricorsi per Cassazione;
– attività difensiva a tutela del patrimonio contro eventuali provvedimenti di confisca di denaro o beni dell’assistito;
– assistenza tecnica nel corso dell’eventuale procedimento disciplinare.
La concussione è quel reato commesso, ad esempio, dal sindaco di un Comune il quale obblighi l’amministratore della società concessionaria del servizio di trasporto pubblico ad assumere la sua amante come manager della società, minacciando in caso contrario la revoca della concessione.
La condotta prevista e punita dal codice penale è quella del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio il quale, mediante violenza o minaccia, costringa taluno a dare o promettere a lui o a un terzo denaro o altro tipo di utilità non dovuti. In altre parole, il soggetto detentore della qualifica pubblicistica pone in essere una sorta di estorsione “qualificata”, abusando del proprio potere al fine di piegare la volontà del privato, il quale viene così leso nell’integrità del proprio patrimonio e nella libertà del consenso.
Per citare un ulteriore esempio di concussione affrontato di recente dalla Cassazione, si pensi alla condotta del dirigente medico preposto ad eseguire le interruzioni di gravidanza, il quale, approfittando della grave compressione della libertà delle vittime di autodeterminarsi liberamente e manifestando l’impossibilità di eseguire gli interventi presso la struttura pubblica, prospetti quale unica alternativa l’illecita esecuzione degli aborti presso il suo studio privato previo versamento di un corrispettivo in denaro (Cass. Pen., sez. VI, sent. n. 13411/2019).
Ancora, va segnalato che anche la mera minaccia implicita può essere sufficiente a realizzare la concussione: si pensi al caso del Pubblico Ministero che, in cambio dell’attività sollecitata, prospetti alla vittima un suo intervento finalizzato ad escludere l’arresto della nipote e il sequestro di un locale di famiglia, prospettando mediante una minaccia larvata l’intervento opposto nel caso in cui non avesse ottenuto quanto richiesto (Cass. Pen., Sez. fer., n. 47602/2017).
In senso opposto al caso appena citato, si pensi all’assoluzione di un sindaco di un noto Comune italiano il quale, ricevendo nel suo Studio persone in difficoltà, a fronte di richieste di natura economica il cui soddisfacimento dipendeva dal suo intervento, senza esprimersi con richieste esplicite, aveva formulato delle “avances” sessuali immediatamente appagate (Cass. Pen., Sez. VI, n. 44720/2013).
Orbene, pur potendo l’abuso costrittivo del pubblico ufficiale consistere in mere minacce implicite, allusive, ovvero che abbiano assunto forma esortativa o di metafora, è comunque necessario che queste siano idonee a incutere nella persona offesa il timore di un danno ingiusto, così coartandone concretamente la volontà (Cass. Pen., sez. VI, sent. n. 33653/2020).
La concussione è punita con una pena particolarmente severa, che consiste nella reclusione da 6 a 12 anni, cui si aggiunge in caso di condanna (anche in caso di patteggiamento) la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, pene accessorie quali l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e, infine, l’eventuale procedimento disciplinare che potrebbe essere attivato dall’ufficio pubblico di appartenenza.
Si segnala, inoltre, che in caso di condanna è altresì prevista la pena accessoria pecuniaria consistente nel pagamento, da parte del reo, di una somma di denaro in favore dell’amministrazione a titolo di riparazione del danno. Attenzione però, perché la Cassazione ha recentemente stabilito che tale sanzione non si applica in caso di patteggiamento, bensì solo in caso di sentenza di condanna pronunciata a seguito di rito ordinario o abbreviato (Cass. Pen., Sez. VI, n. 12541/2019).
Il delitto di concussione si prescrive nel termine di 12 anni (pena massima) più ¼ in caso di eventuali atti interruttivi del procedimento penale, per un totale di 15 anni.
Venendo agli aspetti puramente procedurali in materia di concussione, si tratta di un reato procedibile d’ufficio -non si richiedono condizioni di procedibilità, quali ad esempio la querela- e la competenza spetta al Tribunale in composizione collegiale.
L’arresto è facoltativo in caso di flagranza di reato e il fermo è consentito.
Le misure cautelari personali sono consentite, così come consentite sono le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni quali mezzo di ricerca della prova.
Il reato di corruzione in atti giudiziari si prescrive nel termine di 12 anni (pena massima) più la metà -secondo quanto disposto dall’art. 161, co. 2 c.p.- in caso di eventuali atti interruttivi del procedimento penale, per un totale di 18 anni.
A differenza della c.d. concussione “per costrizione”, che si caratterizza per la coartazione assolta della volontà del privato cittadino ad opera del pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio, nel caso della meno grave concussione “per induzione” prevista dall’art. 319-quater c.p. il soggetto qualificato influenza semplicemente la volontà del privato, indirizzandola ma non superandola del tutto.
Per un esempio di induzione indebita, si pensi alla condotta dell’agente di Polizia che riceva prestazioni sessuali gratuite da prostitute extracomunitarie in cambio dell’aiuto a sottrarsi alle investigazioni: il poliziotto, in tale caso, commette il reato di induzione indebita e non quello più grave di concussione, poiché il privato (nel caso di specie, le prostitute) cede alle tentazioni del soggetto pubblico per ottenere egli stesso un vantaggio che non gli spetterebbe. In altre parole, le prostitute in questione scelgono la prestazione sessuale, pur non dovuta, come strada “più conveniente” rispetto al rimpatrio nei rispettivi Paesi (Cass. Pen., Sez. VI, sent. n. 36827/2019).
Nel meccanismo dell’induzione, dunque, il privato non è vittima, bensì correo -motivo per cui anche colui che dà o promette denaro o altra utilità viene punito con la più tenue sanzione della reclusione fino a tre anni-, in quanto egli ragiona in termini di opportunità: pur avendo dei margini di scelta, preferisce cedere alle suggestioni del pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio al fine di ottenere egli stesso un indebito vantaggio.
Per qualche utile indicazione sull’argomento, si segnala, la pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite del 2013, la quale ha precisato che la concussione si risolve nella costrizione assoluta e insuperabile ai danni del privato, il quale aderisce alle richieste del soggetto pubblico per scongiurare il pericolo del male ingiusto che gli viene prospettato; nel caso dell’induzione indebita a dare o promettere utilità, al contrario, il privato cede alle richieste del soggetto qualificato mosso da una spinta utilitaristica, ovvero quella di sfruttare la relazione col medesimo per trarne un proprio personale e indebito tornaconto.
La concussione, che sia essa per costrizione o per induzione, richiede una posizione di soggezione del privato rispetto al pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio, il quale abusa della propria posizione per costringere o indurre il privato a sottostare all’indebita richiesta. La corruzione, al contrario, si caratterizza per una sostanziale parità tra le parti in gioco: il privato, in altre parole, perviene all’accordo corruttivo in maniera consapevole e totalmente libera, tant’è che viene punito con la stessa sanzione prevista per il soggetto pubblico.
Sul punto, la Cassazione penale nel 2001 (caso Berlusconi) ha chiarito che in assenza di una volontà prevaricatrice e condizionante da parte del pubblico agente non si possa parlare di concussione.
Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni.